Gli atti con cui l’Amministrazione ha provveduto a ridefinire l’assetto organizzativo dell’Ente sono legittimi e in alcun modo lesivi dei diritti sindacali. Lo afferma l’ordinanza con cui la sezione Lavoro del Tribunale di Cassino ha respinto il ricorso presentato da un dipendente comunale contro le delibere di Giunta n. 194 del 31 luglio 2015 e n. 257 del 14 ottobre 2015 che disponevano il trasferimento del lavoratore ad altro settore e con mansioni diverse rispetto a quelle precedentemente ricoperte.
La riorganizzazione dell’Ente era stata duramente attaccata dalla UIL Funzione Pubblica di Latina che nella lettera del novembre 2015 recapitata al primo cittadino e diffusa a mezzo stampa denunciava una “impropria ingerenza in competenze prettamente riservate a figure dirigenziali”, con “pesanti ricadute sull’efficienza dei servizi interessati dai trasferimenti”. La presa di posizione del sindacato accompagnava il ricorso presentato “d’urgenza” dal dipendente (a sua volta rappresentante sindacale) il quale sosteneva l’illegittimità del trasferimento (“non giustificato – a suo dire – da ragioni organizzative finalizzate al buon andamento e all’imparzialità dell’amministrazione”) e “la mancanza della preventiva informazione obbligatoria alle organizzazioni sindacali”.
Il Comune di Formia si è costituito in giudizio resistendo all’istanza del lavoratore che al giudice chiedeva di dichiarare illegittimi gli atti in questione condannando il Comune a reintegrarlo nel posto e con le precedenti mansioni. L’Amministrazione ha rilevato come la rotazione dei dirigenti e dei dipendenti (legge n. 190/2012) costituisca “uno strumento fondamentale per contrastare la corruzione” e come la riorganizzazione della pianta organica rispondesse a tale obiettivo. Le nuove mansioni erano inoltre corrispondenti alla categoria contrattuale di appartenenza del lavoratore.
Il giudice del lavoro del Tribunale di Cassino Antonio Tizzano ha respinto il ricorso rilevando come il trasferimento sia avvenuto all’interno dello stesso Ente e a distanza di soli 150 metri tra una sede ed un’altra (il nulla osta preventivo dei sindacati è richiesto per legge oltre i cinquanta chilometri). “Il trasferimento – recita l’ordinanza – trova giustificazione in un processo di ridefinizione dell’assetto organizzativo dell’ente locale che il giudice non può nel merito sindacare, ispirato, tra gli altri, a principi di razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratiche ed amministrative”. E, ancora, “nella rotazione dei dirigenti e dei dipendenti di cui alla legge 190/2012 e, dunque, nell’esigenza di attuare misure di contrasto alla corruzione”.
L’attività sindacale, aggiunge il giudice del lavoro, “non risulta oggettivamente impedita o limitata”, dal momento che in precedenza il dipendente lavorava a contatto diretto con pochi colleghi mentre nel luogo di destinazione “opera la maggior parte dei dipendenti comunali”.
Il ricorso è stato dunque respinto con spese di giudizio liquidate a carico della parte ricorrente.