Interruzione
13 Mar 2025, Gio

QUANDO sento quell’aroma inconfondibile di caffè fatto con la moka che invade e sovrasta tutto quello che incontra nel suo percorso, mi sento a casa. Ricordo mia madre che si alzava prestissimo per preparare la colazione a mio padre: amava sorseggiare la prima tazzina di caffè fumante con lui, e così dava inizio alla sua lunga giornata. Il caffè a casa mia veniva rigorosamente acquistato alla torrefazione. Mia nonna, invece, preferiva quello in grani che macinava lei stessa col macinino tenendolo puntato sul petto, “perché così non si disperde l’aroma” , diceva. E poi c’era quel tripudio di odori che ti sconvolgevano i sensi quando scendevi le scale, specie la domenica mattina. Già perché allora le massaie cucinavano il pranzo della domenica, che poi amici e parenti mangiavano riuniti a tavola. C’era la signora che abitava sul nostro stesso piano che cucinava sempre il pesce (anche perché gestiva un banco ittico al mercato), e quella del piano di sotto che aveva sempre ospiti e cucinava il pollo alla cacciatora; ricordo poi l’odore intenso di ragù che ti stuzzicava l’appetito già di buon mattino. Oggi? Si cucina poco, le massaie rimaste le trovi nei paesi, dove all’ora di pranzo t’impressionano con i loro manicaretti. Ricorderò sempre quando durante una passeggiata in quel di Bassiano venni colpita da un forte odore di pollo coi peperoni. Ne esaltai così tanto la bontà ad alta voce che la signora che lo stava cucinando mi invitò a casa sua per assaggiarlo (ancora oggi mi domando perché non sono salita).
Infine (non per importanza ma perché a fine pasto c’è sempre spazio per il dolce) ci sono le pasticcerie, coi loro aromi di vaniglia, cioccolato, panna, zucchero a velo, frutta e creme varie. Ecco, io lì dentro non riuscirei mai a trovare la porta di uscita!

Maria Antonietta Romaldetti